Coronavirus, la testimonianza di un medico dell'ospedale di Bergamo
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Direttore: Alessandro Plateroti

‘Dobbiamo scegliere chi curare, si decide per età, e per condizioni di salute. Come in guerra”

Ospedale flebo

L’intervista di un medico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo al Corriere della Sera: “Questa che non muoiono di coronavirus è una bugia che mi amareggia”.

Arriva dalle colonne de il Corriere della Sera l’allarme legato alla tenuta del sistema sanitario, messo a dura prova dall’emergenza coronavirus. Il quotidiano ha raccolto la testimonianza di un dirigente medico, anestesista rianimatore dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

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Emergenza coronavirus, la testimonianza di un medico al Corriere della Sera

Parlando ai microfoni de il Corriere della Sera, il quarantottenne ha provato a spiegare al grande pubblico la situazione emergenziale in cui si trova il sistema sanitario, che in molte zone d’Italia, se non si riuscisse a fermare il contagio, potrebbe arrivare al collasso.

“Si decide per età, e per condizioni di salute. Come in tutte le situazioni di guerra. Non lo dico io, ma i manuali sui quali abbiamo studiato […]. In quei letti vengono ammessi solo donne e uomini con la polmonite da Covid-19, affetti da insufficienza respiratoria. Gli altri, a casa”.

Il dirigente medico ha poi parlato della procedura medica per le persone ricoverate.

“Li mettiamo in ventilazione non invasiva, che si chiama Niv. Il primo passo è quello […]. Al mattino presto, con i curanti del Pronto soccorso, passa il rianimatore. Il suo parere è molto importante”.

L’anestesista rianimatore ha poi parlato delle conseguenze mediche e cliniche del COVID-19, dell’evoluzione della malattia e dei fattori che possono portare al decesso.

“Questa indotta dal Covid-19 è una polmonite interstiziale, una forma molto aggressiva che impatta tanto sull’ossigenazione del sangue. I pazienti più colpiti diventano ipossici, ovvero non hanno più quantità sufficienti di ossigeno nell’organismo”.

Ambulanza
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La scelta dei pazienti

La parte più toccante è forse quella che riguarda la scelta delle persone da curare.

“Quando avviene? Subito dopo. Siamo obbligati a farlo. Nel giro di un paio di giorni, al massimo. La ventilazione non invasiva è solo una fase di passaggio. Siccome purtroppo c’è sproporzione tra le risorse ospedaliere, i posti letto in terapia intensiva, e gli ammalati critici, non tutti vengono intubati“.

“Diventa necessario ventilarli meccanicamente. Quelli su cui si sceglie di proseguire vengono tutti intubati e pronati, ovvero messi a pancia in giù, perché questa manovra può favorire la ventilazione delle zone basse del polmone”.

“Per consuetudine, anche se mi rendo conto che è una brutta parola, si valutano con molta attenzione i pazienti con gravi patologie cardiorespiratorie, e le persone con problemi gravi alle coronarie, perché tollerano male l’ipossia acuta e hanno poche probabilità di sopravvivere alla fase critica”.

“Se una persona tra gli 80 e i 95 anni ha una grave insufficienza respiratoria, verosimilmente non procedi. Se ha una insufficienza multi organica di più di tre organi vitali, significa che ha un tasso di mortalità del cento per cento. Ormai è andato”.

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‘Questa che non muoiono di coronavirus è una bugia che mi amareggia’

Nella fase conclusiva della sua intervista al Corriere della Sera, il medico ha parlato delle cause del decesso, riportando alla ribalta il ruolo del coronavrus.

“Questa che non muoiono di coronavirus è una bugia che mi amareggia. Non è neppure rispettosa nei confronti di chi ci lascia. Muoiono di Covid-19, perché nella sua forma critica la polmonite interstiziale incide su problemi respiratori pregressi, e il malato non riesce più a sopportare questa situazione. Il decesso è causato dal virus, non da altro”.

Scarica QUI la guida con tutte le precauzioni da prendere per limitare il contagio da coronavirus.

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ultimo aggiornamento: 9 Marzo 2020 14:53

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